domenica 8 settembre 2024

Il Catena, prove di montaggio

 Il Catena di Careno


«Aveva una bandana rossa. Sempre. Talmente sempre che quanto ti chiedevano: “Di che colore ha i capelli?” Tu, senza dubbi, rispondevi: “Rossi”. Sicuro. Sicuro come una bandana. Una bandana rossa.


Lo chiamavano il catena. Non conosco il perché di questo soprannome, ma so per certo che, in qualunque stagione, lui stava a petto nudo e con dei pantaloni verde militare, e la bandana rossa, ovviamente. Era una mezza leggenda, per i paesini del lago di Como: te ne racconto una.


Una volta, su a Careno, vicino a dove abita del resto, fece una scommessa con gli amici: doveva traversare il lago orizzontalmente. Tu dirai: be’, non è poi questa grande impresa. Ok, dico io, ma doveva farlo con le mani legate dietro la schiena.

Un idiota, ma non è una cosa impossibile, dirai tu.

Ok, ma era d’inverno, dico io.


Tu di un po’ quel cazzo che vuoi.

Ad ogni modo, lui si butta nel lago, col freddo e con le corde ai polsi. Sbraccia per una decina di minuti convinto, mentre la folla degli amici e dei curiosi si raduna a guardarlo sulla spiaggetta. Lo guardano e d’un tratto passa un motoscafo. Dram.

Un fulmine d’acqua e ferro, scheggia e il Catena sparisce. Come divorato dalle acque.


Puoi immaginare l’apocalisse che segue: telefoni che strillano, bocche che strepitano, sirene che arrivano.

Avevano anche chiamato i sommozzatori, le rane, più volte reclamarono l’arrivo del buon Dio, e infatti era intervenuto pure il prete, sai com’è nei paesini quando succedono 'ste cose.

L’intera Careno era in tumulto, tutti.

Tutti tranne la moglie. Lei se ne fregava, o meglio, pareva completamente calma, placida, rilassata. “Fa sempre così” rassicurava. Gran stronza, tutti pensavano.

Il marito ci lascia le penne e lei se ne frega. Questo pensavano tutti.

Be’, gli uomini rana stavano ancora sondando le acque del lago che quasi ti tirano fuori il lariosauro che, beato beato, il Catena emerge delle acque come un Signur dei nostri: le mani legate, il petto magro e nudo, la bandana quasi nascosta da quel putridume che dovevano essere i sui capelli. Di tutto quel casino, lui neppure se n’era accorto.»

venerdì 10 novembre 2023

I pensieri di Goccia: lato implicito e esplicito

 I pensieri di Goccia: sulla scuola e i bambini.

Oggi non sono tanto felice. Oggi assomiglio più a Spina che a me stesso. 

Del resto, anche Spina ha più di un lato. E tutto quello di cui voglio raccontare oggi ha più di un lato. 

Un lato esplicito e uno implicito. Che paroloni, eh?

Ma se mi segui è semplice: il lato esplicito è quando ti dicono: "prendi la medicina che è buona e ti fa bene!"

Il lato implicito è che ti hanno raccontato una mezza bugia (che per un lato è un mezza verità): quella medicina non è buona per niente. È amara come il caffelatte quando dimentichi lo zucchero e ti brucia la gola. Però è vero che fa bene.

Il lato esplicito è l'aspetto e il colore del piatto. Il lato implicito il sapore: richiede un po' più di tempo, per scoprirlo.

Il lato esplicito è quanto ti dicono che puoi guardare la tv. Il lato implicito è che puoi guardarla fino alle otto di sera. 

Succede anche con le carte: hanno una figura sul dorso, magari rappresentano un meraviglioso cavaliere o una  dama coraggiosa. Volta la carta, e ci troverai solo un numero. 

Così capita che molte cose abbiano più lati, e i lati non si cancellano a vicenda. Ci sono persone che sono di animo buono, ma quando sono arrabbiate a volte la lingua gli scappa e dicono cose che non vorrebbero. Ma restano buone.

I tramonti con le nuvole in cielo non sono come i tramonti limpidi. Ma sono sempre tramonti, e tra le nuvole che prendono il colore del fuoco puoi immaginarti tutto quello che ti impediscono di vedere, e anche di più.

Anche la scuola ha più lati, sai?

Del lato esplicito ti parleranno tutti: a scuola si impara, a scuola si fanno amicizie. A scuola impari a tracciare simboli su carta, e con i simboli puoi comunicare con tutti e inventare mondi. 

Però, c'è anche il lato implicito  e credo sia giusto parlarne: non conosceresti davvero Spina se vedessi solo quanto è scorbutico: lo fa di rado, ma quando ti abbraccia, lo fa con tutto se stesso. 

Conosci una cosa, quando vuoi vedere tutti i suoi lati. Il cielo è meraviglioso, ma non c'è sempre il sole: e la pioggia te lo fa apprezzare anche di più, quando ti manca. 

Proviamo a conoscere un po' la scuola allora, con tutti i suoi lati. Lato esplicito e lato implicito. 

Volta la carta, ok?

Esplicito (figura): Ci trovi i fogli da colorare, le parole delle maestre e enormi schermi luminosi.

Implicito (dorso): Ci trovi aule affollate, rumori diversi e sedie scomode. 

Il lato esplicito ti dice cosa porti e cosa trovi a scuola: ci porti zaini pieni di libri, astucci e quaderni. Ammiri cartelloni, disegni e scritte. 

Ci trovi l'impegno di seguire le regole (non si guardano i cartoni dopo le otto, quando suona la campanella si rientra in classe al proprio posto: quello dove hai nascosto le caramelle), l'ordine di una lezione e il sorriso di quella bambina che gioca così bene a palla. 

Ci porti una testa piena di speranze, di sogni e di futuro.

 Tutti ti diranno che a scuola ogni bambino è importante, che siamo tutti meravigliosamente diversi, ma tutti così simili. 

Ti diranno che non devi avere paura di sbagliare, perché sbagliando si impara.

A volte, ti diranno, perfino, che la cosa più importante è restare diversi! Perché non c'è nessun altro come te al mondo. E questa cosa è davvero una cosa enorme. Gigantesca. In tutto il mondo, in tutto il tempo, tu sei così. E tutti gli altri no: per questo è bello incontrarsi, ma non copiarsi. 

A me piacciono i dolci, Spina li odia. Ma mi piace sentire quando si infervora contro i dolci: mi diverte quasi quanto mangiare il cioccolato seduto sul tappeto. 

Però, a scuola c'è anche il lato implicito (volta la carta, ricordi?). E quello è che tu puoi essere diverso quanto vuoi, ma devi stare seduto come tutti gli altri, anche quando c'è il sole e quelle mura sembrano così piccole. 

Il lato implicito è che puoi colorare, ma devi stare entro i bordi e usare i colori giusti. (Perché l'albero è viola e il cane rosso?). 

Siamo tutti diversi, ma tutti seguono le stesse parole, nello stesso modo. E siamo tutti originali ma più avanti va la scuola, meno conta la musica, la danza e il disegno. Tutti devono imparare l'inglese e la matematica a dovere (è una medicina: un po' amara, ma ti fa bene).

Si impara sbagliando, ma se sbagli prendi un brutto voto. E se prendi un brutto voto, ti viene meno voglia di sbagliare, e quindi di imparare.

Il lato implicito è che la meravigliosa diversità che sei spesso deve essere filtrata attraverso i programmi, i rituali, le regole. 

Le regole ci permettono di vivere insieme, ma quelle che funzionano davvero, sono quelle di cui riconosciamo l'importanza. 

Il lato implicito, sono quella pioggia di etichette che i bambini e gli studenti della scuola devono portarsi dietro. Voti, numeri e sigle che spesso non li lasciano più.

 Come i numeri neutri dietro le figure colorate delle carte. 

Il lato esplicito della scuola sono anche le compagnie: ci trovi chi ti presta la calcolatrice, chi ti racconta della sua giornata e chi ti regala sorrisi quando sei tristi. O, come Spina, ti prende in giro per farti rialzare, ma poi ti dona un abbraccio che non manca di nulla.

Il lato implicito è che a scuola c'è anche chi ti tratta male. 

Magari non riesce subito a capirti, magari ha paura, perché per quanto faccia il grosso, è ancora lì che dentro piange, quando per la prima volta ha salutato la mamma per chiudersi per tante ore in un posto nuovo e diverso. 

Quelli che ridono delle altre persone li chiamano bulli, o prepotenti. A volte non è facile trattarli: ma a volte è come la carta: vedi quello che vuole la tua merenda o ti prende in giro per la tua felpa viola... ma volta la carta, e vedrai un ragazzo stanco e spaventato, con una gran voglia di un abbraccio di quelli che sa dare Spina.

A volte i prepotenti sono ancora più impliciti (più nascosti): sono quelli che ti hanno messo un'etichetta e decidono che tu non possa capire certe cose. Ti diranno che sei ancora un bambino. O non hai la testa adatta. Come con le formine e la sabbia: per entrarci bisogna formarsi (prendere quella forma) o riorientarsi. (Come quelli che si perdono, e poi qualcuno li riporta a casa).

A scuola trovi anche i programmi. 

Quelli espliciti: sempre diversi, ogni materia (storia, geografia, matematica, lettere...) è preparata in modo diverso per ogni persona (la differenza che ci distingue e avvicina, ricordi?). La scuola ti insegnerà a pensare e non ti riempirà di nozioni, ma cercherà di trovare  i tuoi talenti e il tuo fuoco.

Quelli impliciti: programmi sempre uguali, spiegati allo stesso modo. Dalla barbabietola da zucchero al teorema di Ruffini. Le nozioni scorrono come in autostrada, e non c'è tempo e spazio per ricordarli bene. Masticarli, come il cioccolato sul tappeto. 

C'è la velocità, l'entusiasmo e la fretta della spiegazione; il ritmo dell'orario e la necessità della firma,  ma manca la lentezza, lo spazio della riflessione, il silenzio della biblioteca.

Lo so. Tutta questa storia del lato implicito e esplicito ci sta facendo venire un po' di mal di testa, e forse mettendo un po' di tristezza. 

Però... come abbiamo detto: un lato non esclude l'altro. 

Spina è scontroso e irritabile, ma dà i migliori abbracci del mondo. Molte maestre sono troppo prese dai numeri per guardare i colori e alcuni compagni sono troppo presi dalla paura per pensare all'amicizia.

Eppure, qualche alba, qualche dolce incredibilmente buono lo si trova negli anni di scuola. 

Nella fatica della ripetizione, nella sensazione di dover seguire un percorso deciso da altri e non il proprio, nella paura dell'errore, nella frustrazione di non essere all'altezza e nella noia della ripetizione, qualcuno o qualcosa potrebbe sorprenderti. 

Un ricordo piacevole che affiora tra le nebbie degli anni sui banchi, e ti fa ridere coprendo le lacrime con i sorrisi quanto il tempo ha medicato le ferite. 

Un amico che sa affiancarti per tutta la vita. 

Una maestra che conosce ogni tuo colore, e ti regala i pastelli con cui disegnare fuori dai bordi. 

Il bidello che ti sorprende ricordando ogni nome di ogni bambino, e per nessuno di loro manca il saluto. 

La sorpresa più grande, però, io credo te la farai da solo, quando capirai che la curiosità di conoscere e conoscersi è troppo grande per stare dentro un'aula e per il tempo di una lezione, ma ti può offrire una strada da seguire. 

Una di quelle che hanno alti e bassi, ti affatica le gambe e ti fa chiedere un centinaio di volte: "Siamo arrivati?", e ti chiedi chi te l'ha fatto fare. 

Ma poi guardi il panorama, grande come il mare e verde come il cielo: volti la carta, e non hai più dubbi: tu, te lo sei fatto fare e forse, forse, ne valeva la pena. 

venerdì 28 luglio 2023

I pensieri di spina, il buio

  Poi arriva il buio: più che altro è un'ombra, circondata di nero, ma meno scura della sua forma, del suo nucleo interno. Un nodo di tenebre in un'infinita notte, ma in qualche modo ti parla di casa.

È un buio che ha la tua forma e il suo odore. Se provi a sdraiartici dentro sembra fatto apposta per te, come una guaina. Un sacco a pelo spessissimo dove trovi rifugio quando fuori tempesta. Quando non sai neanche se esista più un fuori. Prima ti inquieta, ti stordisce e ti fa paura, ma poi, quando ti arrendi al buio lo senti tuo.

Ti ci affezioni e ne fai un guscio intimo e impenetrabile. Sei nel buio e tutto il resto si spegne: appare vacuo e lontano. Forse c'è uno spiraglio, una chiave, ma è ben nascosta. E' tua quandto lo è il buio. Non si addomestica, non segue gli ordini. Non ha tempi ufficiali.

Dopo un po' non ti sembra neanche strano starci dentro, viverci immerso, ma sei tu stesso a scalciare affinché non ci entri nessun altro. Un po' perché quello è il tuo buio, un po' perché un conto e rimanere immersi, un conto è volere che qualcun altro ne rimanga impantanato. Ad ognuno il proprio buio, allora.

In fondo, forse c'è la vaga scintilla di una luce, ma non è una torcia esterna che potrà mai dissolvere quell'ombra. Qualsiasi cosa potrà mai farlo, viene da dentro.

Perché quello è il tuo buio e spetta a te dissiparlo, o accettarlo. Quello è il tuo buio: ha esattamente la tua forma, e precisamente il suo odore. 

mercoledì 14 dicembre 2022

Pezzi

 





Mi ricordo di un amico, si chiamava Franco. Lavorava in un’industria metalmeccanica. Era in una catena di montaggio addetta alla costruzione di alcuni… piccoli ingranaggi meccanici, che servivano per collegare i mitra agli aerei. A dire il vero, Franco aveva saputo solo in pensione che quei pezzi meccanici tanto anonimi servivano per esigenza belliche. Probabilmente, se lo avesse saputo, si sarebbe licenziato prima…. se non altro, prima di andare in pensione.

Non m’importa se fosse una frase fatta o meno. Una bella bugia o una bella verità. Quello che qui mi importa, è dirvi perché non è andato in pensione. Non solo per una cosa che non sapeva, ma anche per una cosa che faceva. Il lavoro di Franco consisteva in sostanza nell’infilare un lungo cilindro di metallo in un foro, spingerlo dentro facendo girare una manovella alla sua destra, bloccarlo con una manovella alla sua sinistra, e tagliare spingendo un pedale in basso. Nella pratica doveva usare entrambi gli arti e il piede sinistro come facesse egli stesso parte della macchina sulla quale lavorava.

A volte mi ha fatto venire in mente quel famoso manifesto di protesta in forma di fumetto, che girava nella Francia degli anni 70: dove era rappresentato un operaio alle prese con un macchinario del genere. Si vede questo omuncolo in divisa blu che muove la mano destra su un arnese, la sinistra sull’altro, e la gamba va su e giù su di un pedale. Mentre è tutto sudato e smanetta come un matto con quasi tutto il corpo, il proprietario, gilè sul petto, bombetta in testa e braccia conserte lo guarda fisso, sospira pigramente, e gli chiede: ma non è che potresti fare qualcosa anche con l’altro piede? L’operaio annuisce e gli tira un calcio nel culo.

No, Franco non ha mai preso a calci in culo il suo padrone. Era un tipo pacato. Ma la sua piccola rivoluzione l’ha fatta anche lui: per circa un quarto d’ora, ma quando si sentiva più eversivo anche per venti minuti al giorno, lui non lavorava. Ma non è che incrociasse le braccia e smettesse, no. Era sempre lì con una mano su una leva, l’altra sulla seconda oppure sul tubo, e il piede sul pedale. Ma non faceva i pezzi che doveva fare e che dovevano servire all’industria bellica, seppure non lo sapeva. Che se lo avesse saputo, l’avrebbe lasciato il lavoro. No, lui smanettava sul suo arnese, tutto sudato e seguendo un ritmo… solo che non era più il ritmo della catena di montaggio. Solo che i pezzi che costruiva non erano quelli che avrebbe dovuto costruire. Erano… dei pezzi completamente inutili. Piccole opere artistiche o artigianali che, su quella specie di tornio dove lavorava, lui creava sottraendo quel tempo a quello del lavoro. Erano cavalucci deformi, portamatite, ciondoli, semplici cerchi… non erano certo capolavori, Franco non era un’artista. Non ne aveva il tempo e non era pagato per quello. Ma ogni pezzo era comunque un divertimento, ed era meravigliosamente diverso dall’altro. E, soprattutto, era immensamente diverso dai pezzi bellici. E proprio per quello ogni pezzo era, alla sua maniera, un capolavoro. Ed erano dei pezzi completamente inutili. Non servivano per la guerra. Non servivano al lavoro. Non servivano proprio a nulla.

Eppure, è proprio per quei pezzi che Franco non ha lasciato il lavoro prima della pensione: perché gli donavano una sorta di libertà, di creatività che nella catena di montaggio aveva completamente perso. Nell’inutilità del sudore, lui trovava la libertà della creazione.

La pensava così, il signor Franco. O il numero 322078. Sì perché dove lavorava lui, tutti i manovali avevano un numero di identificazione. Un ID. Il primo numero indicava il paese, perché la ditta di Franco, o del numero 322078 era una multinazionale. Il secondo e il terzo indicavano la ditta all’interno di quel paese, e gli ultimi tre il numero dell’operaio in quella ditta. Lui era il settantottesimo operaio della ventiduesima ditta del terzo paese in cui la compagnia aveva i propri affari. L’Italia. E tutti i pezzi che faceva, erano nominati nella stessa maniera: avevano come premessa il numero di Franco, il 322078, poi la data di costruzione ed il numero del pezzo all’interno del giorno.

Così i capi reparto potevano controllare se lavorava bene. Se faceva abbastanza pezzi. Perché ai tempi Franco lavorava a cottimo. Così faceva una discreta fatica per ritagliarsi quel tempo per la sua attività creativa ed eversiva. E a creare dei numeri che non venivano segnati da nessuna parte. Non sfuggivano solo dalla catena di montaggio, dall’utilità bellica, ma perfino dalla burocrazia matematica che controllava ogni singola azione della ditta dove Franco lavorava, e si ritagliava del tempo per evadere inconsciamente da quella pratica di controllo e, fosse anche per un quarto d’ora o venti minuti al giorno, sentirsi libero. E ci rimetteva anche dei soldi. Ma a lui piaceva così.


martedì 20 settembre 2022

19. Imparare qualcosa di nuovo: perché e come farlo?



mercoledì 27 luglio 2022

18. Cosa vuol dire essere un pipistrello? Quanto ci aiuta l'empatia?



In questa puntata, seguiamo l'esperimento mentale e filosofico di Thomas Nagel, chiedendoci: che cosa vuol dire essere un pipistrello? Com'è per esempio non vedere con gli occhi ma attraverso un radar, un'ecolocalizzazione? E cosa ha a che fare questo con l'empatia: quanto è possibile calarsi nei panni degli altri per capire quello che provano per ascoltarli? --- Music: "Music by Cindy Locher, https://www.TheRelaxationWorks.com" (Quiet Soul) --- Approfondimenti e spunti: - Thomas Nagel, Che cosa vuol dire essere un pipistrello? https://www.amazon.it/prova-essere-pi... - - Arte di ascoltare e mondi possibili, Marianella Sclavi https://www.amazon.it/ascoltare-mondi... - La Gaia Scienza, Nietzsche https://www.amazon.it/gaia-scienza-Fr... - Collegamento: la stanza di Mary, Jackson https://www.spreaker.com/user/1503831...

mercoledì 22 giugno 2022

13. Le stanze di Sofia: Bolla di filtraggio


Lo spunto di oggi è una bolla di sapone. Parliamo però di bolle di filtraggio. Cosa sono su internet, questi algoritmi che, per personalizzare la nostra esperienza di navigazione online, rischiano di chiuderci dentro la sfera delle nostre opinioni pregresse e delle nostre passate esperienze. E... Sono davvero così strette e performanti? E... esistono solo su internet? Come uscirne? Ne parliamo in questa puntata. Fonti e approfondimenti: - Eli Pariser, Il filtro. Quello che internet ci nasconde https://www.amazon.it/filtro-Quello-c... - Filter Bubbles, Eli Pariser, Ted https://www.youtube.com/watch?v=B8ofW... - il meme citato, un cane su internet, prima e dopo https://pbs.twimg.com/media/BX5bpOICE...

mercoledì 13 aprile 2022

12. Un aereo di carta: la ludopedagogia.



In questa puntata de Le stanze di Sofia partiremo dallo spunto datoci da un aereo di carta. Vi ricordate come si fanno? Potrebbe esservi utile, perché con quell'aereo faremo insieme un piccolo gioco psicologico, per parlare poi di ludopedagogia e del mondo straordinario della realtà ludica. Buon gioco! ------------ Fonti, approfondimenti e rimandi: - Giocare è un cosa seria: https://www.youtube.com/watch?v=VrZwO... - https://www.lisciaportamivia.it/ludop... un'associazione italiana che si basa su questa pratica. - Un webinar del maestro Ariel legato a un corso dell'asilo nel bosco. https://www.facebook.com/watch/live/?... - Alejandro Jodorowsky, Psicomagia. - Se non ricordate come si fa un aereo di carta..... https://www.youtube.com/watch?v=mZCYz...
MOSTRA MENO

mercoledì 16 marzo 2022

Le stanze di Sofia, 8. Sono possibili i viaggi nel tempo?

 


Partendo dallo spunto filosofico della Delorean di Ritorno al Futuro, ci chiederemo se sia possibile viaggiare nel tempo, specie da un punto di vista logico-metafisico. Per farlo, divideremo l'argomento in vari segmenti: il viaggio nel futuro, e quello nel passato. E ancora: i paradossi che i viaggi temporali generano, quelli epistemologici e quelli causali. Si finirà con una riflessione più generale sul tempo, in cui sentiremo cosa hanno da dire Nietzsche e De Crescenzo. Buon viaggio. Fonti e approfondimenti:

- Giuliano Torrengo, viaggi nel tempo. Una guida filosofica https://www.unilibro.it/libro/torreng... - Viaggi nel tempo, James Gleick, Laura Servidei (traduzione) https://www.amazon.it/Viaggi-nel-temp... - Nietzsche, La Gaia Scienza. https://www.amazon.it/dp/B008HHE0UO/r... - Futurama, il nonno di se stesso e aggiungerei una canzone simpaticissima: https://www.youtube.com/watch?v=oneA8... io sono mio nonno, anche se in questo caso si tratta di paradossi "parentali" più che temporali.

mercoledì 9 marzo 2022

Le stanze di Sofia: 7. Poesia: perché leggerne e scriverne?

 

Fonte: https://www.spreaker.com/user/1503831... Lo spunto filosofico di oggi è letterario; anzi, poetico. Che cos'è la poesia? Si può davvero definirla? Perché leggere e scrivere poesie? Vonnegut ci consiglia un semplice esercizio: provare a scrivere una poesia, senza pensare al nostro livello di consapevolezza tecnico, ma farlo solo per creare. Collins ci ricorda come la poesia sia un linguaggio particolare, dove più che analizzare il significato, sia doveroso immergersi nell'esperienza. Senza pretese, qui provo a prendere giusto un cucchiaino, da quel mare infinito che è la poesia. Fonti , approfondimenti e spunti: - Donatella Bisutti, L'albero delle parole. https://www.amazon.it/Lalbero-delle-p... - Billy Collins, introduzione alla poesia https://www.poetryfoundation.org/poem... - Raymond Carver, il mestiere di scrivere https://www.amazon.it/mestiere-scrive... - Canale di poesia di Alcmane 46 https://www.youtube.com/user/Alcmane4... - 3 idee per trovare l'ispirazione, Merry Jekyll https://www.youtube.com/watch?v=MZk_G...