mercoledì 30 dicembre 2020

Solo una partita



- Dai solo una partita! -

- Hai quasi quarant'anni, ancora stai a giocare ai videogiochi! -

Ivan sospirò arrotolandosi sui gomiti la camicia bianca e linda di Armani - A parte che i videogames possono essere forme d'arte quanto i film ed i libr -

Alessio lo interruppe indicando la nuovissima console e il televisore al plasma a 64 pollici:

- Non dire cazzate, non puoi paragonare Le ali della libertà o Madame Bovary a Dead Racing 7 -

Ivan bevve un sorso di Matusalem, poggiò il vetro sul tavolino giapponese alla sua sinistra e rispose: - Avrei qualche dubbio anche su questo, ma ci sono giochi con storie profondissime, tematiche avvincenti e importanti, a cui ci ha lavorato una marea di gente competente... hai solo il vantaggio di poterci interagire. Entrare nella storia e -

Venne nuovamente interrotto: - I videogiochi vengono fatti per vendere, per il mercato, e appunto, ci lavora un sacco di gente, significa che non c'è un'idea autoriale dietro. -

Ivan accese la console e prese il Joystick: - Cent'anni fa si diceva la stessa stronzata sul cinema, ora è la settima forma d'arte, e forse la più importante. Che si voglia vendere un libro non toglie al libro la sua grandezza. E voler produrre arte per tenersela in soffitta, semmai davvero esiste ancora qualcuno che lo faccia davvero... a cosa servirebbe? Infine, francamente l'autorialità o l'originalità sono concetti stravecchi: ci sono libri scritti da più autori, e le buone idee sono buoni rimescolamenti di altre idee. Chi davvero, nel 2019 inventa una storia dal nulla? -

Anche Alessio si bevve un bicchiere, poi si sedette a fianco all'amico, su un bel divano in pelle. - Sarà, però non vorrai... -

Questa volta fu Ivan ad interromperlo, lo fece mentre stava scegliendo allo schermo la macchina: una Lamborghini modificata, rossa fiammante, con i cerchi in lega argentati: - Vorrei davvero giocare. Ho lavorato tutto il giorno a quel caso di merda. I clienti non mi stanno meno sul cazzo dei giudici, e ho bisogno di rilassarmi. Non mi sembra che masturbarmi o guardare una partita o leggere un libro al cesso sia moralmente migliore che una cazzo di partita a dead racing... OTTO, per la cronaca - sorrise.

Alessio si limitò ad alzare le spalle, ed il bicchiere, mentre il suo collega sceglieva il pilota. Ivan decise di chiamarlo "James Johnson"; l'avatar prescelto era alto, aveva i capelli biondi e gli occhi verdi (Ivan aveva i capelli neri, era di media altezza e gli occhi castani e molto decisi) ed alti punteggi in destrezza e coraggio, meno - per ora - in meccanica e controllo.

Con una musica alta e avvincente, la partita ebbe inizio. Dead Racing 8 non era ambientato in un circuito classico, ma clandestino. Si usavano auto "taroccate" e non c'era una pubblicità ufficiale, ma i soldi circolavano per sommesse interne.

James Johnson partiva dalla sesta posizione. La sua Lamborghini fiammante bruciò sul posto le due Ferrari che erano appena più avanti, superò al secondo giro di circuito una Maserati verde foglia e, dopo una sfida difficile e qualche sfregamento di fiancata, fece mangiare la polvere anche ad una Aston Martin.

Mancava solo la Porche nera: James recuperò lentamente ma costantemente terreno per tre giri, ed all'ultimo gira l'aveva quasi raggiunta. Alla terzultima curva arrivò a sfiorargli il culo con il muso, nel rettilineo che seguiva l'accostò e poi la superò ma all'ultima curva la Lamborghini di Ivan uscì di strada e si schiantò contro un albero fuori pista.

- Fanculo! - imprecò Ivan spegnendo la console e gettando il Joystick sul tappeto persiano: - Guardiamoci un film! -


***


James Johnson si risvegliò in un ospedale periferico. Era ancora leggermente intontito, aveva una benda sulla testa e una gamba ingessata.

L'infermiera, che il pilota giudicò una brunetta niente male, gli spiegò che era stato fortunato: solo qualche punto di sutura e la gamba rotta in due punti, ma i dottori l'avevano già "raddrizzata" e ingessata. Doveva solo stare in ospedale qualche giorno, poi, dopo un breve periodo di riposo, avrebbe fatto la riabilitazione e - se proprio avesse voluto - precisò la brunetta, avrebbe potuto tornare a rischiare la propria vita sulle auto.

James sorrise un po' amaro. Si rallegrò di poco guardando il sedere sodo dell'infermiera mentre stava per uscire dalla sua stanza, quando questa si girò a ricordare - Ah, e fra poco è orario di visita -.

Due ore dopo, infatti, suo fratello Mark venne a salutarlo. Si sincerò delle sue condizioni, gli sparò una mezz'ora di rimproveri, poi gli mostrò un regalo. Si trattava di una console portatile. Avrebbe potuto giocare e distrarsi nel periodo di convalescenza in ospedale.

È un gioco di macchine? - chiese James.

- Direi proprio di no, è... come dire, una specie di gioco di ruolo basato sulla moralità: sei un avvocato di una grande azienda e, di volta in volta, devi scegliere se "fare la scelta giusta", o quella più conveniente e magari illegale, con tutte le conseguenze del caso. -

- Tipo? -

- Tipo sai... minacci i membri della corte, ti allei con la mafia locale, oppure cerchi le prove o sconfessi il tuo cliente. Ovviamente a seconda delle scelte puoi perdere o vincere denaro, salire o scendere di moralità o rischiare di brutto la vita.

A quello James ammiccò - Se non rischi tutto che gusto c'è? -

Mark scosse la testa - Non avevo dubbi. Sei senza speranza. E io sono senza caffè, a dopo. -

James lo salutò distrattamente. Stava già giocando: l'avatar del suo personaggio era di media altezza, aveva i capelli neri e gli occhi castani e molto decisi. Si chiamava Ivan della Teva, era italo-americano e, ovviamente, aveva una bassa moralità ed un'altissima propensione al rischio.

sabato 26 dicembre 2020

Isole




C’è qualcosa di ambiguo e sottilmente indefinibile,

che scorre tra le onde del mare ed una risacca avida, seducente ma impetuosa,

che dimentica pietà e regala antiche speranze, perduti raccordi, e sempre sacri incontri.

Quando il nero sembra più azzurro del blu, allora vedi quanti colori può contenere un solo tono,

quante donne ve ne sono in una sola, e tra infinite sfumature è evidente che non vi siano razze, distinzioni,

ma solo diverse musicalità che, come i colori, sanno divenire perfettamente crioli.

Vi sono saluti che odorano di zolfo e di pesce, pollici alzati e pulmini stretti...

... imbarazzi linguistici, scambi difficili eppur divertenti, dove l’acqua calda scivola su circuiti elettronici, tastiere nuove e firme che non t’aspetti.

Ma ognuno è quel che è, e più ti stacchi più ti specchi, in controparti, sicure insicurezze… e singolari provvidenze.

Dove scorrono botti, tappi vigne metalli, ma non v’è vino; dove scendono villaggi, annegate in piscine e microfoni potenti, ospedali che fanno i brillanti, e ti ricordano l’Europa, quella vestita di bianco e di rosso, che di ermellini pianifica la sua mattanza.

Un colpo ancora, di acini e di faraoni, di schiavi e di nostalgie; che più vedi una cosa, più ti torna alla mente l’altra. 

Nel deserto un vulcano, nel vulcano una foresta, nell’attesa una voce bassa, e capelli che solo tu conosci, ma che non ti riconoscono.

E tra sentieri, polvere e nuvole, ti sperdi un poco; un poco ti ritrovi e, nell’irrequietudine che ti porti dentro, ma non sai seminare, ti chiedi se ancor ti serva quell’attaccapanni e quel cappello.

 Un seme che cresce, se si bagna bene, ma ha paura ad andarsene via da solo, senza foglie; ma nessuna foglia può seguirti, se ha paura di volare, di cambiare.

 Come assaggiar una minestra: ti pare troppo amara, troppo dolciastra, troppo vasta, ma ne stai già chiedendo dell’altra.

mercoledì 16 dicembre 2020

Con te

 

Illustrazione di: Fante Nero Art: https://www.instagram.com/fante_nero_art/ (andate a sbirciare!)
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Con te

il ticchettio dell’orologio è più forte

Con te, 

mi sembra di sentire di più il freddo, ma non c’è imbarazzo a vestirsi di buffe coperte

Con te, 

le poche macchine che corrono lungo la strada... sembrano aerei che avanzano, ma senza volare.

Con te, 

la finestra del vicino sembra più lontana, ma la luce è calda, e intensa. La quotidianità sembra viva. A volte basta una schiena, o vedere alzarsi un braccio per indovinare - o immaginare - tutto un rituale, o sentire un discorso. 

Con te, 

Il tempo si colora più facilmente di nostalgia e di odori passati.

La notte fa un po’ più paura, ma il silenzio sembra pieno di possibilità nascoste e senza nome. 

Mi chiedo in quante case tu sia ora, quali cuori stringi o accarezzi. In quali bicchieri ti raggomitoli, in quali lavandini ti accumuli, in quali poesie ti raccogli. 

Ti immagino come l’alone sui vetri, come i nasi sulle finestre, come le luci che si spengono e le preghiere che si alzano. Come gli amori che non avvengono.

...Le scelte da compiere, e le cose “da fare” per sentirti di meno. 

Però...

Perché sentirti di meno?




lunedì 10 agosto 2020

Il pendolo: costruirlo, utilizzarlo, interpretarlo.


In questo video vediamo l'esperimento del pendolo di Chevreul.

Vedremo come costruirlo semplicemente, come utilizzarlo, ed infine ci chiederemo sia come funziona il suo movimento (cosa lo fa muovere? cosa può dirci?) sia cosa possiamo trarne ed altri livelli.
Al solito, lo scopo di questi giochi \ esperimenti è trarne una riflessione su più fronti.
Anche il pendolo, infatti, può essere visto dal punto di vista filosofico.

venerdì 24 luglio 2020

Piccola presentazione provvisoria del canale tu-tubico


Sono solo un emerito D... (qualunque cosa vogliate metterci, a me va bene), ma sto seguendo un mio percorso e di tanto in tanto lascerò qui qualcosa che mi è piaciuto


giovedì 9 luglio 2020

Gioco filosofico per riflettere sulla tecnologia: la tetrade di McLuhan


La tetrade di Marshall McLuhan: uno strumento per riflettere sui media e la tecnologia senza pregiudizi. Un modo, ed un gioco, per ripensare gli strumenti e le tecniche (dal tablet all'aula scolastica, al microfono) in base alle spinte, ed a volte alle trasformazioni che esse impongono a livello sociologico e psicologico.
Le tetradi permettono anche di confrontare tecnologie simili. 
Non è però questione di morale o valutazione quantitativa: se, per esempio, sia meglio il libro cartaceo o  quello digitale; se il libro sia "sempre meglio del film", se una lezione in presenza sia meglio di una a distanza, ma sono cose diverse (e su quest'ultimo confronto consiglio un bel corso dei prof Moriggi e Maragliano, la scuola in gioco: https://www.youtube.com/watch?v=OiHU-...). E, essendo dei mezzi diversi, anche se veicolano uno stesso contenuto, uno stesso messaggio, lo fanno in modo molto diverso. 

Buone tetradi a tutti, e buon gioco. 
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In ogni caso, come "dice" Woody Allen di McLuhan non è semplice afferrare tutto: 

martedì 7 luglio 2020

Il silenzio: il vuoto e la creazione




Ho registrato questo audio intorno a metà marzo, in pieno "distanziamento sociale" o forse sarebbe meglio dire "distanziamento fisico". Lo feci più per me che per il canale, che poi ha preso il suo corso più "pubblico". 
Ma siccome è stata - in questo campo - la mia prima "uscita dalla zona di comfort" per entrare nel mondo di coloro che parlano da soli, e si registrano pure, è un po' come se fosse il momento dell'avvio. Come tale, è perfetto per la rubrica\playlist che ho in testa: più intima che culturale o di intrattenimento. Ma del resto si sa, ogni nostra "esperienza" e riflessione intima, contiene, nella sua ripetibilità non nel dettaglio ma nella forma, qualcosa di molto universale. 
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L'audio sembra peggiorato perché - appunto - è un audio vecchio e recuperato, e quasi per nulla editato, volevo restasse l'esposizione di quel frangente, e di quel silenzio. Allora il microfono era peggiore di quello che utilizzo attualmente. 
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Ceti spunti, sedimentati più che cercati, all'interno della riflessione, credo che vengano da due libri "per ragazzi": La storia infinita e Le cronache di Narnia.
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Buon silenzio a tutti.


martedì 9 giugno 2020

Binomio fantastico

Il binomio fantastico è una tecnica metanarrativa (ma direi anche un gioco di oralità e scrittura) di cui parla Gianni Rodari (l'autore di favole al telefono) nel suo libro La grammatica della fantasia. In questo libretto Rodari ci spiega come raccontare favole ai nostri bambini, inventandole per o con loro. Il binomio fantastico è una delle tecniche principali per creare queste storie: qui ne parlo un po', dando anche qualche spunto ulteriore sull'intreccio e lo sviluppo.


sabato 4 aprile 2020

Snooze (audio - monologo)




Snooze

Ricordate la vostra sveglia? Sì, quel marchingegno infernale che ogni mattina vi ricorda che dovete alzarvi per correre al lavoro. Non so, forse vi sveglia con delicatezza, come una compagna premurosa che, con suono soave, vi scosta appena le coperte, baciandovi dolcemente la guancia ancora intorpidita e portandovi l’odore del caffè, fatto apposta per voi, naturalmente. Una sveglia così, potrebbe anche farti credere che questo mondo sia un bel posto dove svegliarsi. Un mondo pieno di colori soavi, di suoni carezzevoli, e di uccellini cinguettanti... che... che non ti cagano nemmeno in testa, no. Loro la cacca, in quel mondo lì, non la fanno.
Be’, la mia di sveglia invece si è scordata tutte queste premure; lei si esprime vomitando un suono aspro e meccanico, da cantiere sotto la finestra. Non assomiglia ad un’amorevole compagna, No. Assomiglia ad un burbero capo di lavoro che, consapevole della tua pigrizia viene direttamente a casa tua e, vedendoti ancora poltrire, ti urla addosso minacciandoti il licenziamento, mentre scaraventa te, il cuscino, il materasso ed affini giù dal letto. E il caffè neanche a pensarci, barbone.
Sì, lo so: perché diavolo non la cambio questa maledetta sveglia?
Potrei rispondere sofisticamente, dicendo che ci sono dei vantaggi inaspettati a svegliarsi in un mondo dove non sei certo di essere ben voluto. Ma non lo farò.
Perché la risposta più concreta e più vera, è già contenuta sulla sveglia. Proprio così.
Conoscete quel tastone, più grosso degli altri, sulla sinistra di tutti gli altri tastini e tasterelli del marchingegno?
No, non quello che la spegne; troppo facile. È un tasto più raffinato, più contemporaneo. Si chiama SNOOZE.
Credo voglia dire qualcosa come “pisolino”. Ma, nell’esatta accezione etimologica del termine significa: “lasciami_in_pace_tra _le_coperte_ancora_cinque_minuti_dai”
Può apparire strano, ma è un tasto \ concetto profondo, quello dello snooze.
Sempre per restare concreti, vi racconterò due brevi episodi, sull’argomento.
Gianni questa mattina, è stato svegliato dalla sua suoneria preferita, una cosa dolce e romantica, come piace a lui: un’urlata e straziante “A beautiful people” di Marilyn Manson, nei più acuti momenti della sua performance. Sì, vuole essere sicuro di svegliarsi, Gianni. Stamani, però, al primo urlo non era ancora convinto, così con una manata ad occhi chiusi mise a tacere Manson ancora un po’, assai più efficace della censura. SNOOZE. Ma cinque minuti dopo, Manson gli ruttava ancora nei timpani, che uomo noioso. SNOOZE. Continuò così per un po’, poi, quando finalmente il cantante riuscì a svegliarlo, morto dalla fatica e col trucco nero sbavato, Gianni si accorse che ormai era mezzogiorno e, lavorando solo la mattina all’ufficio postale, per oggi avrebbe potuto fare una sola cosa: SNOOZE.
Un altro esempio, appena più generale.
Mirco ha sempre amato Azzurra. Il primo “voglio stare con lei e solo con lei, voglio dire le cose a lei prima che a tutti gli altri, salutarla dopo tutti, e voglio che lei faccia lo stesso con me” (la traduzione concreta del “La Amo” di un bimbo di 6 anni) lo pensò nei primi banchi di scuola, quando vide la dolce e bionda Azzurra in un vestitino verde pastello. Ma allora non le disse nulla, forse erano troppo piccoli. SNOOZE. La seconda volta fu quando la vide passeggiare in un parco con un’amica, ai tempi dell’università, quando capì che nel suo sorriso si nascondeva, dolce e misterioso, il sogno di una vita. Ma non la rincorse: la trovava troppo iraggiungibile, per un tipo come lui. SNOOZE.
La terza fu in un letto d’ospedale, quando Mirco fu stroncato da un ictus, che gli immobilizzò praticamente ogni muscolo del corpo. Lei gli prese le mani tra le sue, bellissime, e tra le lacrime gli disse dolcemente: “Mirco, non sono mai riuscita a dirtelo… ma io, io ti amo”. Allora il cuore di Mirco si gonfiò troppo, troppo perché riuscisse a risponderle che l’aveva sempre amata: gli rimase solo il tempo di morire.
Fine riserva SNOOZE.

Che storia assurda, no?
Mi fa venire in mente quella frase del signor G, Gaber no?
"Faremo la rivoluzione. Oggi no. Domani, forse. Ma dopodomani... sicuramente!"

Oppure mi fa venire in mente il fatto che, da qualche tempo, ho deciso di smettere di bere caffé. Oh, ma lo farò. Me ne concederò ancora un ultimo. E poi basta. Va beh, forse ancora uno. Ma quello sarà l'ultimo, magari.

Ecco, la parola "Magari", è incredibilmente simile all'atto di schiacciare lo SNOOZE quando la sveglia ci rompe i coglioni di prima mattina.
Avete mai incontrato quelli che ti dicono: oh, quanto vorrei andare in Irlanda. Oppure... quanto vorrei imparare a suonare il poanoforte o, chessò... fare il cammino di Santiago. Eh... magari. Magari! Magari lo faremo, prima o poi. Quando avremo tempo. Quando ci saranno meno problemi. Oh, magari quando saremo in pensione... magari!
Ci riempiamo la vita di Magari... ma quando la smetteremo, magari vivremo davvero.

Ma non vi preoccupate, ho imparato un modo per sfuggire al problema degli snooze e del magari. Essì. Prima o poi vi svelo il segreto, magari. Quando avremo tempo.
Ora ho proprio voglia di schiacciare quel tastino. Mi piace così tanto: SNOOZE.

martedì 17 marzo 2020

John Locke: la conoscenza e i diritti naturali

Lezioni filosofiche di un emerito D.

La conoscenza e la politica di John Locke.
Il video di approfondimento sull'assolutismo e lo stato di natura: https://www.youtube.com/watch?v=UQQ3yYxkUa4

Per altre lezioni, giochi filosofici e il dizionario di spunti per chi voglia "aderire al branco di d..." iscriviti al canale.
Il video sulla personalità al quale mi riferisco in questo è qui: https://www.youtube.com/watch?v=SeeQnYGKMKI&t=1271s