venerdì 22 marzo 2013

Due parole sull'editoria

Letture, libri, ebook



Non voglio scrivere qualcosa di pedante, lungo o saggistico sulla questione "come cambia l'uso la produzione e la fruizione del libro con le nuove tecnologie". Vado solo per punti, per spunti. Poi a chi legge.

Resteranno i libri o addio alla carta?

  Argomento già trattato ed abusato, che lascio a saggisti, uomini e donne del marketing, e i cosiddetti apocalittici e integrati. 
Sì, quelli che prima hanno rotto le scatole sulla televisione, poi sull'oggetto libro. 

Ma per quanto mi riguarda la loro controversia (semplificando), se esisterà ancora il libro cartaceo come lo conosciamo o meno, dopo l'evoluzione di internet, del computer, dei tablet, degli ereader etc. 
La risolvo facilmente: sì, esisterà. Il libro, per dirla alla Eco, è un oggetto immortale. Come la forchetta, come il cucchiaio. Puoi inventarti una macchina che sostituisca il carro, ma il cucchiaio - design diversificato a parte - esisterà sempre. 

Passaggio dalla carta al digitale: un male o un bene?

Nessuno dei due: è un'evoluzione. E nell'evoluzione ci sono cose benigne e cose maligne. Non necessariamente il più adatto (Darwin), è il migliore. Non necessariamente il prima estinto è il più grazioso (se ne vanno sempre i migliori). 

Un po' mi sorprendono, anche in ambienti teoricamente ben predisposti ai cambiamenti, gli anatemi contro i libri elettronici: "ah! Quale orrore! Si perde il tocco sulla carta, l'odore dei libri nuovi, la sensazione tattile di tenerlo in mano!".
E, per carità, il feticismo è una forma sensuale interessante, ma io, personalmente, i libri li leggo. Ne amo il contenuto, più che la copertina o l'estetica. Sia chiaro: io.
E magari qualcuno a suo tempo avrà bestemmiato contro Gutenberg per aver rovinato la nobile arte dei Codex.
Come in ogni cosa, ci sono vari partiti. Varie perversioni, varie correnti. 

Ci sono milioni di colori...

Però, però due o tre cosine cosa bisogna pure ammetterle: sono il primo a dire che un romanzo, letto magari al sole del mare, va da dio leggerlo in forma cartacea. Però:

1) se un avvocato abbisogna di portarsi dietro tre codici da qualche KG, qualche libro e via così, magari non gli è tanto scomodo un apparecchio che gli permetta di portarsi in valigia quella trentina di volumi che gli possono servire. 

2) ora, non me ne vogliano gli accademici  però per dire... quelli che vendono libri solo perché costringono i loro studenti a comprarli, quelli che li pubblicano solo per aumentare il proprio voto ai concorsi (e che leggono solo altri ricercatori) ... insomma, non potrebbero evitare almeno di massacrare inutilmente alberi? Un bel file (vendilo pure, per carità... se te lo comprano al mercato vero) e risparmi e fai risparmiare. 
Stesso discorso, per le tesi di laurea. Sì sì, è tanto bello avere il ricordo in "microfilm" (si usa ancora, davvero!) e in cartone satinato... però non so quale studente preferisca il cartone a risparmiare un... 25 euro a copia? 

3) L'editoria tradizionale, può essere una bella cosa. SE lavora bene. SE punta alla qualità del prodotto, e non solo a vendere. Se vuole anche trasferire idee, e non solo smerciare pagine. Se non vuole fregare gli autori (esistono case editrici  che fanno pagare 3000 euro agli aspiranti scrittori, magari promettendo una tiratura assai limitata), se vuole aiutare l'autore a rifinire i suoi lavori. Ma se, invece, vuole solo far soldi, pubblicare autori già famosi per altro (ed ahimè almeno in Italia è un costume tristemente diffuso). 

Ed a questo proposito, non pensate, è un malcostume vecchio e non sono italiano:

“Ho praticamente abbandonato l’idea di vendere i miei racconti pro­fessionalmente. I continui rifiuti di asini come Wright, pasticcioni co­me Clayton e mezzemaniche senza fantasia come quel tale Shiras, della Putnam’s, mi hanno quasi paralizzato e ridotto al silenzio: un silenzio impotente e disgustato. Quindi, qualche tempo fa ho preso la decisione di voltare le spalle a questa babilonia e tornare ai sistemi in vigore pri­ma del 1923, quando scrivevo spontaneamente e senza preoccuparmi del mercato, in modo non-professionale… L’ho anche scritto a Wright, perché ero arrivato al punto in cui, se non avessi ripudiato queste degra­danti esigenze commerciali, non sarei più riuscito a scrivere nemmeno un racconto, a onta di tutti i miei sforzi. Le cose stavano nei seguenti termini: respingere i bassi standard qualitativi delle riviste e le loro re­strizioni o restare con la lingua (la penna, nel mio caso) legata, almeno per quanto concerne la narrativa.
 Lovecraft




“I miei opera mixta, dopo sei anni di lavoro giornaliero, sono finiti, ma non riesco a trovare un editore… La mia disgrazia è spiacevole, ma non umiliante: proprio ora, infatti, i giornali annunciano che Lola Montez* si propone di scrivere le sue memorie e che le sono state sùbito offerti grandi somme dagli editori inglesi. Così sappiamo in quale situazione ci troviamo. Ma io non so veramente che cosa possa ancora fare e se i miei opera mixta siano destinati a diventare un’opera postuma”.

Arthur Schopenhauer



*Attrice, ballerina e amante di Re Luigi I di Baviera (prima metà 1800). In sostanza, una velina ante litteram.


4) Insomma, non solo per la fruizione, ma anche per la produzione\distribuzione\vendita, possono esserci altre vie. Anche per non vedere sempre e comunque le stesse facce nelle librerie, quasi volessero emulare i politici italiani, con dono della Bilocazione nelle lista elettorali delle varie città e regioni. Anche per non passare sempre e comunque dalla mediazione di qualcun altro. Anche qui, non è un male, non sempre. Ma uno sarà pur libero di far le cose da solo. 

Per ora termino qui. Anche però per dare una spintarella al mercato generale degli Ebook (sì, mi piacciono le nuove evoluzioni, le nuove strade e tentativi) in Italia non proprio diffusissimo (per ora), vi lascio un Link assai utile sulla comparazione degli Ereader.