mercoledì 26 settembre 2012
La giostra
America del Nord: Wyoming. Spiazzo erboso del Custer: luna park della famiglia Shandy. Giorno di chiusura, mattina presto.
«E smontati... smontati smontati smon... Oh! Ce ne hai messo a staccarti, eh!»
Billy Mustang si asciugò il sudore della fronte, nel farlo si accorse di essersi completamente sporcato di grasso il viso. Imprecò un paio di volte prima di gettarsi per metà nella fontana del parco. Tornò poi sui suoi passi per controllare la meccanica dell'ottovolante. Sospirò con una certa faticosa soddisfazione: manometterlo non era stato così facile. Non poteva certo crollare subito, il vecchio. C'è un momento adatto per tutto. E quello, era decisamente il momento di ereditare.
Diede un'ultima occhiata al suo lavoro: il freno era andato. Tirare la leva poteva essere, ora, solo un inutile esercizio di ginnastica. Con lo sguardo seguì il percorso dell'ottovolante: sarebbe partito lentamente in pianura, per poi salire inesorabilmente fino in vetta. Da lì sarebbe disceso velocemente e, senza quasi rallentare, avrebbe compiuto il fatidico giro della morte. Nome quanto mai azzeccato, questa volta, perché sarebbe stato proprio in quel momento che la fila di cabine metalliche si sarebbe staccata, precipitando al suolo con Edward Shandy a bordo.
Si mosse poi verso il capanno di legno, a una ventina di metri dalla giostra. Dentro c'era il generatore generale e gli interruttori elettrici di ogni attrazione. Voleva essere sicuro di non avere impedimenti, perciò lo chiuse e prese le chiavi del capanno: erano fissate, come sempre, su un chiodo di fianco alla porta, a poco più che altezza d'uomo. Le buttò a casaccio qualche metro più in là, nell'erba. Portarle via sarebbe stato troppo sospetto ma, nel caso la figlia fosse accorsa a spegnere tutto intuendo il pericolo, o se avesse dovuto fingere di farlo lui stesso, i secondi necessari a recuperare la chiave sarebbero risultati fatali. Come spesso capita nella vita: è questione di tempismo.
Tornò poi in casa, mentre tutti ancora dormivano, fece una doccia canticchiando “Ring of fire”, di Johnny Cash. Be', non era proprio “Ring of fire”, di Johnny Cash, ma un po' tentava di assomigliarci.
Ebbe uno strano tremito quando si guardò a lungo il pisello allo specchio, poi indossò un accappatoio verde e andò in cucina a preparare la colazione per tutti. Tutti che, nel caso specifico, erano sua moglie e il padre di lei.
Lavorava in quel luna park da circa dodici anni, ed era sposato con Lucy Shandy da quattordici. Ed erano almeno quindici anni che aveva le palle piene del suocero.
In sé non era neanche così stronzo, ma aveva quel suo fare terribilmente benevolo, comprensivo, quasi angelico, tale da riuscire effettivamente a fargli ricordare in ogni istante che se aveva un lavoro, era per lui, che se aveva una moglie, era per lui, che se non era proprio nella merda, era per lui. Lavorava, insieme al suocero, alla manutenzione delle giostre. Da dodici anni. E ogni anno, ogni giorno, lui era lì a ricordarglielo.
Aveva più volte parlato di questo con la moglie, ma lei aveva un modo tutto suo di alzare le spalle e sorridere, riuscendo a compatire in un solo secondo tanto l'età e il carattere del padre quanto la sua sfiga. E, insieme, di chiudere ogni discussione. Lui odiava quella situazione quanto lei odiava quegli argomenti.
Fecerò colazione in silenzio, mangiando uova e pancetta fin quando Billy non decise che era ora di struzzicare il suocero.
«Signor Shandy ma, mi tolga una curiosità», girò lentamente il capo ad inquadrare l'intero parco giochi «Lei l'ha mai fatto un sacrosanto giro sulle giostre?».
Edward gli rispose mescolando il suo caffè «Be', ogni tanto mi faccio un tuffo nel passato andando sui cavalli, o sul barcone... ma credo d'essere un po' troppo vecchio...»
«Ma... l'ottovolante?»
«Quello no.»
«E perché?» Edward alzò le spalle, mentre il nuoro rincarava «Su avanti, lo ammetta, gestisce questo luna park da anni e anni e non è mai salito sul suo ottovolante.»
«Non è vero.»
«Voglio dire, non è la migliore delle impressioni che si può dare. Ci salirebbe su una giostra sulla quale il proprietario ha fifa ad avvicinarsi?»
«Dove vuoi arrivare, Billy?»
«Niente... solo, non ha il fegato per andarci» provocò.
«Questa è bella, bella davvero,» ridacchiò il vecchio, pulendosi la bocca dall'unto del bacon.
«Sono qui da più di metà della mia vita, come pretendi che non abbia mai provato tutte le giostre del parco?»
«L'ottovolante no, sicuro.» Il vecchio scosse il capo con fare sardonico. Allora Billy riprese.
«Su, mi dia soddisfazione, per una volta: cento dollari se si fa un giro ora sull'otto.»
«Non scommetto denaro, non è da uomini onesti.»
«Allora facciamo così: domani mi faccio doppio turno gratis e la lascio riposare, se ci sale.»
«Bah, se proprio ci tieni a sgobbare per niente. Il fatto è che, Billy, per me neanche tu ci sei mai salito.»
«Sa bene che non è vero... ad ogni modo, a lei il primo e poi la seguo, ok?»
«E perché non insieme?»
«Perché non voglio che mi abbracci per tutto il tempo, signor Shandy – ridacchiò Billy – una prova di coraggio si fa da soli: ci sta?»
Shandy lo guardò con compassione, come si guarda un bambino che giocherella troppo convinto su una macchina da adulti «va bene, Billy, va bene...»
Uscirono così di casa per raggiungere l'ottovolante, con passo fin troppo lento, e per l'età di Shandy, e per il sarcasmo di Billy, quando una donna in jeans e coda corvina li superò entrambi e, con un agile saltello, entrò in una cabina dell'ottovolante. Era la moglie di Billy.
Entrambi la guardarono straniti, l'uno immobile e l'altro scuotendo gentilmente il capo.
«Sembrate davvero quei politicanti che tanto odiate, sapete? Chiacchere e chiacchere, e poi vi fermate in mezzo al parco» rise, Lucy Shandy. «Ora, scommettiamo una cena di pesce da Andrea che la gentil donzella qui presente vi bagna il naso a entrambi e senza troppe storie si fa un bel giretto sull'otto?»
Edward ridacchiò, tra l'orgoglioso e il soddisfatto. Billy iniziò a tremare. «Dai Lucy, scendi di lì, non è proprio il caso.»
«Che? Una donna ora non può salire da sola sulle vostre cose da uomini? Sono troppo poco forte e virile o forse hai pura che Andrea ti spenni?» Lo provoco'.
«Credo proprio che ci abbia fregati, caro mio» sorrise Edward, avviandosi ad azionare la partenza della giostra.
«No!» Sbottò Billy, prendendolo per un braccio.
«Ora sei davvero ridicolo, amore. È solo un gioco», lamentò lei.
«Va bene... va bene, abbiamo giocato abbastanza, ora scendi, su, scendi di lì.» Billy per la seconda volta si asciugò il sudore dalla fronte.
Edward si liberò dalla presa dell'uomo. «Quant'è vero iddio, non ti facevo così maschilista, figlio mio.»
«Non sono tuo figlio» Billy gli rispose con rabbia.
«Certo che sei strano forte tu, si può sapere che ti prende?»
Billy scosse vigorosamente il capo, cercando di non guardarlo. Lo avrebbe ammazzato di botte, ma Edward riprese: «Con quel che ho fatto per te, queste risposte del cazzo proprio le dovresti evitare, e sai bene di cosa parlo.»
«Sì, della merda che ogni volta devo pulire, della tua compassione del cazzo, io non ti ho mai chiesto proprio nulla. Nulla!»
Edward lo colpì con uno schiaffo. Billy avvampò, ma non di rabbia: di terrore.
Lucy era scesa dalla cabina mentre i due uomini litigavano, e piena di risentimento per il loro battibecco aveva azionato la partenza della giostra da sola, ed ora ci stava risalendo.
Billy scavalcò il suocero, fece per fermarla, ma la cabina era troppo lontana. «No, no Lucy, ti prego, scendi di lì!» in risposta ebbe solo uno sguardo furente, colmo di rabbia per i discorsi che avevano sempre fatto, e che suo marito si ostinava a buttare al vento, litigando con suo padre...
Billy, preso dall'agitazione del momento, si precipitò alla leva del freno per fermare la macchina, ma fu inutile: l'aveva manomessa questa mattina.
Edward lo guardava come si guardano i dementi: con un briciolo di compassione, ma senza speranze.
Allora corse a perdifiato al piccolo capanno dove stavano gli interrutori elettrici: doveva arrivarci prima che la giostra arrivasse al giro della morte, poi, sarebbe stata la fine.
Sbattè contro la porta di legno: fece per aprirla, ma era chiusa. Alzò il braccio a prendere le chiavi che erano sempre attaccate al chiodo: niente.
Nella frenesia del piano e nel panico dell'imprevisto, aveva dimenticato di averle gettate nel prato, questa mattina. Quando se ne ricordò, si gettò a terra alla loro spasmodica ricerca, scorticando zolle ed erbacce, sassi e grilli: le trovò infine con le mani tremanti e le inserì nella toppa della porta.
Riuscì finalmente ad aprirla, quando dietro di sé sentì un terribile rumore metallico, un'eco struggente, urla, e infine lo schianto. Fissò il panello elettrico attonito.
Non si era mai sentito così solo.
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