mercoledì 18 luglio 2018

Monologo sulla felicità ed il lavoro, parte uno: SNOOZE

Sulla felicità:

immaginate un palco, un attore sul palco, voi che guardate dal basso. Buio, poi il suono di una sveglia
[bip bip bip biiip bip]



L’attore comincia il suo monologo, inizia a parlare… a parlarvi.
Ricordate la vostra sveglia? Sì, quel marchingegno infernale che ogni mattina vi ricorda che dovete alzarvi per correre al lavoro. Non so, forse vi sveglia con delicatezza, come una compagna premurosa che, con suono soave, vi scosta appena le coperte, baciandovi dolcemente la guancia ancora intorpidita e portandovi l’odore del caffé, fatto apposta per voi, naturalmente. Una sveglia così, potrebbe anche farti credere che questo mondo è un bel posto dove svegliarsi.
 Un mondo pieno di colori soavi, di suoni carezzevoli, e di uccellini cinguettanti… che… che non ti cagano nemmeno in testa, no. Loro la cacca, in quel mondo lì, non la fanno.
Be’, la mia si è scordata tutte queste premure; lei si esprime vomitando un suono aspro e meccanico, da cantiere edile sotto la finestra della camera da letto. Non assomiglia ad un’amorevole compagna, No. Assomiglia ad un burbero capo di lavoro che, consapevole della tua pigrizia viene direttamente a casa tua e, vedendoti ancora poltrire, ti urla addosso minacciandoti il licenziamento, mentre scaraventa te, il cuscino, il materasso ed affini giù dal letto. E il caffé neanche a pensarci, barbone.
Sì, lo so: perché diavolo non la cambio questa maledetta sveglia?
Potrei rispondere sofisticamente, dicendo che ci sono dei vantaggi inaspettati a svegliarsi in un mondo dove non sei certo di essere ben voluto. Ma non lo farò.


Perché la risposta più concreta e più vera, è già contenuta sulla sveglia stessa. Proprio così.
Conoscete quel tastone, quello più grosso degli altri, sulla sinistra di tutti gli altri tastini e tastarelli del marchingegno?
No, non quello che la spegne; troppo facile. E’ un tasto più raffinato, più contemporaneo. Si chiama SNOOZE.
Credo voglia dire qualcosa come “pisolino”. Ma, nell’esatta accezione etimologica del termine significa: “lasciami_in_pace_tra _le_coperte_ancora_cinque_minuti_dai”.
Può apparire strano, ma è un tasto \ concetto profondo, quello dello snooze.
Un semplice gesto come schiacciare un bottone ti permette di fare un volo pindarico, non solo fisico ma anche emotivo, e quando lo rilasci non sai dove ti trovi ne quando. E inutile che mi guardate così,
Per restare concreti, vi racconterò due brevi episodi, che spero possano chiarire.
Gianni ieri mattina, è stato svegliato dalla sua suoneria preferita, una cosa dolce e romantica, come piace a lui: un’urlata e straziante “A beautiful people” di Marilyn Manson, nei più acuti momenti della sua performance. Sì, vuole essere sicuro di svegliarsi, Gianni. Ieri, però, al primo urlo non era ancora convinto, così con una manata ad occhi chiusi mise a tacere Manson ancora un po’, altro che censura. SNOOZE. Ma cinque minuti dopo, Manson gli ruttava ancora nei timpani, che uomo noioso. SNOOZE. Continuò così per un po’, poi, quando finalmente il cantante riuscì a svegliarlo, morto dalla fatica e col trucco nero sbavato, Gianni si accorse che ormai era mezzogiorno e, lavorando solo la mattina all’ufficio postale, per oggi avrebbe potuto fare una sola cosa: SNOOZE.
Un altro esempio, appena più generale.
Mirco ha sempre amato Azzurra. Il primo “voglio_stare_con_lei_e_solo_con_lei_voglio_dire_le_cose_
a_lei_prima_che_a_tutti_gli_altri_salutarla_dopo_tutti_
e_voglio_che_lei_faccia_lo_stesso_con_me” (la traduzione concreta del “La Amo” di un bimbo di 6 anni) lo pensò nei primi banchi di scuola, quando vide la dolce e bionda Azzurra in un vestitino verde pastello. Ma allora non le disse nulla, forse erano troppo piccoli. SNOOZE. La seconda volta fu quando la vide passeggiare in un parco con un’amica, ai tempi dell’università, quando capì che nel suo sorriso si nascondeva, dolce e irraggiungibile, il sogno di una vita. Ma non la rincorse: la trovava troppo iraggiungibile, per un tipo come lui. SNOOZE.
 La terza fu in un letto d’ospedale, quando Mirco fu stroncato da un ictus, che gli immobilizzò praticamente ogni muscolo del corpo. Lei gli prese le mani tra le sue, bellissime, e tra le lacrime gli disse dolcemente: “Mirco, non sono mai riuscita a dirtelo… ma io, io ti amo”. Allora il cuore di Mirco si gonfiò troppo, troppo perché riuscisse a risponderle che l’aveva sempre amata: gli rimase solo il tempo di morire.
 Fine riserva SNOOZE.
Una storia triste, lo so. Ma spesso non è colpa nostra. Ci sono spesso degli impedimenti, degli ostacoli, dei ritardi. Ma si può anche scegliere eh! Scegliere. È come segliere la propria sveglia, quella angelica con gli uccellini o quella che rutta, vomita e scoreggia, la sveglia che vi farà andare al lavoro, un lavoro che vi siete scelti. Perchè voi tutti vi siete scelti il vostro lavoro, no? Tutti voi fate il lavoro che fin da piccolini vi siete prefissati, che tutti i giorni vi appaga e che vi gratifica anche economicamente, no? Vedete… vedete… va beh, come non detto. Però alla fine sì, si può scegliere la propria attività. E figuriamoci. Altrimenti saremmo schiavi, no?
[continua…]

Nessun commento:

Posta un commento

Dimmi che ne pensi